Cosa mangiare a Napoli è una delle domande più difficili a cui rispondere, essendo una delle città più famose al mondo per la sua gastronomia. Ecco alcuni piatti tipici napoletani da provare durante un viaggio nel capoluogo campano, ma solo una piccola selezione. In genere, chi torna da Napoli rimane piacevolmente sorpreso dalla varietà e dalla bontà della sua cucina. Se state per partire per un viaggio nella città partenopea, preparatevi a un’immersione totale nel folklore, nei colori del mare e nel calore degli abitanti. Un viaggio a Napoli, tuttavia, non sarebbe completo senza assaggiare la meravigliosa cucina tipica napoletana.
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19 piatti tipici napoletani imperdibili
Volete qualche consiglio sui cibi tipici napoletani? Ecco una selezione di 19 piatti tipici di Napoli!
1. Pizza. La prima cosa da mangiare a Napoli, immancabilmente, è la pizza. Dovete sapere che la città italiana della pizza, dove la pizza è l’idea e dove esiste una vera e propria cultura della pizza, è Napoli. Andare a Napoli per mangiare la vera pizza napoletana (Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco dal 2017) è un vero e proprio pellegrinaggio, con le sue mecche e i suoi seguaci. Proprio perché i napoletani hanno l’arte della pizza nel loro DNA, qui è invariabilmente migliore che in qualsiasi altra parte del mondo. Indipendentemente dal modo in cui se ne parla, la pizza napoletana a Napoli rompe l’ovvio come una porta aperta e la calpesta anche. Chi ha inventato la pizza? Egizi, greci e romani cucinavano foccacce piatte molto simili alla pizza. La pizza ha quindi una storia molto antica, molto complessa e incerta, tuttavia le prime attestazioni della parola risalgono al 997 nei pressi di Gaeta, una città vicino a Napoli. Nell’antichità, nel bacino del Mediterraneo, la pizza era un piatto tipico napoletano molto povero a base di burro, formaggio e basilico (talvolta con avanzi di pesce) ed era diffusa in tutte le regioni. La pizza come la conosciamo arriva nel 1889 quando il cuoco napoletano Raffaele Esposito crea la pizza Margherita in onore della Regina Margherita di Savoia: pomodoro, mozzarella e basilico, rosso, bianco e verde, i colori della bandiera italiana in onore della Regina e dell’Italia. Fino al 1830 circa, la pizza era venduta esclusivamente nelle bancarelle di strada, poi sono arrivate le pizzerie!
2. Mozzarella Di Bufala. La mozzarella di bufala, prodotta con latte di bufala campana, è unica al mondo. Quando è fresca non va MAI conservata in frigorifero, ma tenuta all’aperto nel suo siero. Dopo un giorno, quando non è più fresca, puo’ essere conservata in frigorifero e utilizzata per cucinare.
3. Fior Di Latte E Provolone. La mozzarella di latte vaccino è chiamata fior di latte, mentre la sua variante affumicata è la provola o provolone. Entrambi sono deliziosi e anche questi, quando sono freschi, vanno tenuti fuori dal frigorifero per non comprometterne il sapore.
4. Candele Alla Genovese. Se pensate che la pizza a Napoli sia una cosa seria, non avete ancora sentito parlare della pasta. Facciamo un passo indietro nella storia della pasta secca in Italia: portata dagli arabi in Sicilia, il suo uso si è diffuso prima come contorno (come sulle migliori tavole tedesche) e poi come tipico piatto napoletano , soprattutto tra le classi più povere. Gli storici della cucina Alberto Capatti e Massimo Montanari raccontano che “la pasta è stata per molto tempo un alimento tra i tanti”. Già nel XVI secolo era percepita come un capriccio, una ‘prelibatezza’ di cui si poteva fare a meno in tempi di ristrettezze. L’entusiasmo di tutti gli italiani per la pasta è nato a Napoli, dove a partire dal XVII secolo è diventato uno dei piatti tipici napoletani preferito della gente che ha iniziato a mangiarla quando il prezzo della farina è sceso e quello della carne è salito alle stelle. Il resto è storia, incisa sui cucchiai di legno napoletani con innumerevoli miscele di sughi. Il primo piatto di pasta che vi consigliamo è la Genovese: su una base di carote, sedano e cipolla, saltate la carne, il muscolo e la poutine. Aggiungete vino rosso, almeno un chilo di cipolle, un bicchiere d’acqua e fate cuocere a fuoco lento per almeno cinque o sei ore. Unire alle candele, un formato di pasta liscio e cilindrico, e impiattare.
5. Ragù Napoletano. Cominciamo col dire che la parola Ragù, in italiano, identifica quello che in altre parti del mondo viene chiamato ragù alla bolognese, una salsa a base di pomodoro e carne macinata con sedano e carote, nella sua versione più elementare. Ogni città italiana ha la sua versione del ragu, e Napoli non è da meno. Il classico ragù napoletano è il vero mostro sacro dei piatti tipici napoletani della domenica e, più che una preparazione, è una conquista. I tempi di cottura e gli ingredienti lo distinguono dagli altri ragù nazionali: si utilizza la locena (la parte del vitello compresa tra il petto e la clavicola), arrotolata in cotolette ripiene di formaggio, prezzemolo, aglio, uva sultanina e legate con lo spago; la gallinella (coscia di maiale) e le tracchiulelle (costine). La ricetta del Ragù Napoletano: la carne non viene macinata, ma tagliata a grossi pezzi e cotta insieme alla passata di pomodoro a fuoco molto basso per almeno sei ore. Durante questo processo, è essenziale preparare la salsa, cioè farla sobbollire bilanciando strategicamente il fuoco e il coperchio. Per questa operazione entra in gioco il temuto cucchiaio di legno che, quando non è brandito minacciosamente da mamme e nonne, diventa indispensabile come punto di appoggio tra la pentola e il coperchio, sollevandolo quel tanto che basta per far circolare l’aria e ridurre la forza del fuoco. Un pizzico di zucchero per bilanciare l’acidità (e qui non sono tutti daccordo) e qualche foglia di basilico fresco a fine cottura sono il tocco che fa la differenza.
6. Pasta, Patate E Provola. Pasta o zuppa? Quando non sapete cosa scegliere, la tradizione vi aiuta con questo piatto amato dai napoletani. Pasta, patate e provola è una formula magica a tripla P, che si realizza rigorosamente in quest’ordine. Alla base c’è un soffritto di cipolle e pancetta, su cui vengono versate le patate (quelle gialle e farinose), alcuni pomodori e il basilico per dare un po’ di colore. A fine cottura, aggiungere l’acqua bollente in cui è stata precedentemente cotta la pasta, mescolando diversi formati. Per il gran finale, parmigiano grattugiato e provolone a cubetti in dosi generose. La consistenza del piatto è densa, filante e soprattutto irresistibile.
7. Frittata Di Maccheroni. Lo stereotipo dei “mangiatori di maccheroni” napoletani è vecchio di almeno tre secoli. Torniamo a Goethe, che ai suoi tempi apprezzò molto Napoli. Riferisce che:”Maccheroni di tutti i tipi […] si trovano ovunque e a prezzo moderato”. Più tardi, il conte di Cavour scrisse: “I maccheroni sono cotti e li mangeremo”, alludendo all’annessione del Sud da parte del Regno di Sardegna che unificò l’Italia. C’è del vero dietro questi luoghi comuni che, anziché nutrire le pance, hanno alimentato un certo immaginario lontanamente razzista? I napoletani rispondono: Tenetevi la vostra invidia e lasciate a noi i maccheroni! Perché i detrattori di ieri e di oggi non sanno quanto sia buona la frittata di maccheroni, un piatto unico ecosostenibile che riutilizza e trasforma la pasta avanzata. Gli spaghetti diventano un insieme compatto grazie a uova, parmigiano e caciocavallo, ma anche provola, scamorza, salame e prosciutto cotto. Ancora più buona se mangiata fredda, la frittata di maccheroni è ideale per un picnic o, se siete coraggiosi, per un pranzo in spiaggia.
8. Pasta allo scarpariello. Un altro cibo napoletano da non perdere è la pasta allo scarpariello. Semplice, istintivo o, per dirla alla napoletana, sciué sciué. È il sugo allo scarpariello, un piatto tipico napoletano che tutti abbiamo preparato o assaggiato inconsapevolmente almeno una volta nella vita. Dietro un condimento di base come il pomodoro fresco, il basilico e il formaggio si nasconde una storia che nasce e si fa letteralmente strada tra i vicoli dei quartieri spagnoli. La genesi dello scarpariello è infatti legata ai calzolai, chiamati “scarpari”, che lavoravano in questa zona. A volte i loro servizi venivano pagati sotto forma di cibo che, secondo la tradizione, veniva utilizzato per insaporire la “salsa del lunedì”. Perché lo stesso giorno? Come oggi i parrucchieri, la categoria dei calzolai aveva il lunedì libero e molto spesso rimaneva il sugo della domenica che veniva rielaborato di volta in volta con gli ingredienti disponibili. Questo know-how con gli avanzi di cucina ha dato origine alle moderne linguine allo scarpariello.
9. Soffritto Napoletano. Dimenticate il classico trittico cipolla, sedano e carota. A Napoli, sofrito significa qualcos’altro, ovvero una sostanziosa zuppa di frattaglie. Ma facciamo un passo indietro: in epoca borbonica, chi non poteva permettersi la carne si aggirava sotto i balconi delle famiglie ricche nella speranza di mettere le mani sugli avanzi gettati nella spazzatura: resti di animelle, cotenne, milze, trachee e altri bocconcini considerati poco prelibati. Punti di vista, naturalmente: perché per gli abitanti del villaggio rappresentavano ingredienti preziosi che, combinati prima con spezie come lo zafferano e poi con i pomodori, venivano trasformati in una zuppa gustosa e nutriente. Oggi il sofritto napoletano è utilizzato soprattutto come condimento per gli spaghetti, a base di frattaglie di maiale e di vitello condite con pomodoro e peperoncino.
10. Spaghetti Alle Vongole. Gli “Spaghetti con vongole e aglio” sono apparsi per la prima volta nel ricettario napoletano nella prima metà del XIX secolo. Stiamo parlando della carta stampata, naturalmente, perché chissà da quanto tempo questa ricetta era in uso tra i pescatori per cucinare le vongole, il tipico mollusco del Golfo di Napoli, naturalmente salato e molto saporito. Il primo piatto da mangiare a Napoli è senza dubbio lo spaghetto alle vongole: pochissimi ingredienti, aglio, olio e prezzemolo, per raggiungere le vette del gusto.
11. Cuoppo Di Mare. Napoli, insieme a Palermo, è una meta imperdibile per lo street food italiano. Se volete perdervi nei vicoli del centro di Napoli, fatelo almeno a stomaco pieno. Il cuoppo è nato proprio per questo: il nome significa cono, infatti è la quintessenza del fritto in foglio di alluminio, quest’ultimo in “carta paglia”, tradizionalmente ottenuta dalla macerazione di fibre vegetali. Le varianti locali sono numerose e in città si trovano cuoppi di terra (con verdure pastellate, mozzarella e polenta fritta) e cuoppi dolci, soprattutto a base di mini zeppole. Tuttavia, tra le tante cose, Napoli è soprattutto un porto, e quindi mi sembra giusto consigliare il cuoppo di mare sopra ogni altra cosa. Il cono ripieno di calamari, acciughe, gamberi, seppie e tutto il pesce del giorno è una delle specialità più tradizionali della città.
12. Gateau di patate. Ricetta napoletana con un tocco francese: sono ancora i cuochi francesi al seguito dei Borboni i responsabili dell’invenzione di questo piatto tipico napoletano unico. Il Gateau di patate è una versione rivisitata e stravolta del gâteau, la pasta transalpina, piatto tipico francese. Il Gateau napoletano combina armoniosamente patate, uova, mozzarella, provolone, salame e prosciutto cotto. Alta, soffice e con un sapore croccante e burroso di mollica di pane, questa pasta al forno è sempre più gustosa il giorno dopo – se riuscite a resistere fino ad allora, naturalmente.
13. Casatiello. Dimenticate i dolci pasquali e l’agnello: a Napoli il vero simbolo della Pasqua è il casatiello, la cui forma rappresenterebbe la corona di spine di Gesù sulla croce. Questo piatto rustico preparato il Sabato Santo e riciclato almeno fino al Lunedì di Pasqua è un inno alla resurrezione, ma anche alla difficile digestione. In effetti, la ricetta del casatiello, un impasto a base di strutto arricchito con provolone e salame napoletano, non è esattamente leggero. Vi suggeriamo di assaggiarlo come vuole la tradizione: con fave fresche, soppressata e ricotta salata.
14. Napoli È Anche Verdura. Dopo tanto parlare di sughi, paste e piatti napoletani unici, è ora di fare una pausa. Per così dire, nel senso che continuiamo a mangiare con gusto, ma questa volta si tratta di contorni. Abbiamo raccolto in un’unica sezione vitaminica le migliori ricette di verdure da mangiare a Napoli: sono tante e molto speziate, ma nulla ci spaventa ormai. Iniziamo con la zucchina alla scapece, tagliata a fette, fritta e marinata in aglio e aceto. Poi ci sono le melanzane al funghetto, melanzane fritte condite con pomodoro fresco. Questa è la sessione estiva. Per l’inverno abbiamo innanzitutto i Fiarelli, una sorta di cime di rapa napoletane, le cui foglie vengono saltate in padella insieme alla salsiccia per formare il piatto tipico da mangiare a Napoli, salsiccia e friarelli. D’altra parte, il pranzo di Natale è arricchito da due specialità assolutamente peculiari della gastronomia napoletana: da un lato, abbiamo la scarola ‘mbuttunata, scarola ripiena di capperi, acciughe, olive, aglio, uva sultanina e pinoli. Un altro grande classico è l’insalata di richiamo, a base di cavolfiore bollito, cetriolini, peperoni, olive, capperi e acciughe.
15. Impepata Di Cozze. Torniamo alle specialità di mare, che costituiscono gran parte dei piatti tipici napoletani. Il pesce qui è così fresco che le ricette non sono mai troppo complicate e il sapore è tutto nella materia prima. Tra le preparazioni più classiche, non possiamo non citare l’impepata di cozze, un antipasto che ormai si trova quasi ovunque nel mondo, ma che è nato qui, nei chioschi di fronte al porto. Cozze in casseruola, condite con olio d’oliva, aglio, prezzemolo e molto pepe nero: non servono nemmeno le posate.
16. Polpo Alla Luciana. Il nome Luciana si riferisce alla frazione costiera di Santa Lucia da cui proviene questa preparazione. Il polpo alla Luciana è preparato in una casseruola, cotto in salsa di pomodoro con capperi e olive. La ricetta in umido rende la carne del polpo piacevolmente tenera e succosa: da solo come secondo piatto, o soffocato negli spaghetti come primo, è uno dei piatti della cucina napoletana che vi travolgerà.
17. Melanzane Alla Parmigiana. I napoletani lo chiamano “il piatto ASSOLUTO”. E come dargli torto: la parmigiana di melanzane è un vero e proprio monumento della cucina napoletana. Da Vincenzo Corrado, che nel suo ricettario Il Cuoco Galante (1773) descrive una composizione a strati di melanzane in bianco con formaggio, a Ippolito Cavalcanti, che più tardi nella Cucina Casereccia Napoletana (1839) aggiunge pomodoro e basilico, questo piatto napoletano a base di melanzane fritte si è fatto strada nel teatro gastronomico partenopeo fino a conquistare un posto d’onore. Come si riconosce una vera parmigiana napoletana? Innanzitutto la varietà di melanzane, che a Napoli sono rigorosamente lunghe e di colore viola. Tra uno strato e l’altro si trovano pomodori pelati, salsiccia ricurva napoletana, caciocavallo stagionato e provola di bufala affumicata. Infine, tanto basilico per profumare il tutto.
18. Crocchè, Pastecresciute, Palline Di Riso. Il cibo di strada di Napoli ha già una lunga lista di piatti tipici. Tuttavia, alcuni, come abbiamo già visto per la pizza e il cuoppo di mare, sono troppo importanti per non essere menzionati. Per gli amanti del fritto, ci sono almeno tre specialità da non perdere: i crocché, ovvero piccoli calzoni di patate con prosciutto e formaggio; le pastecresciute, altro nome delle zeppole salate; e gli arancini di riso che non hanno bisogno di presentazioni.
19. Baccalà Alla Napoletana. Il baccalà alla napoletana è un’altra delle innumerevoli ricette a base di pesce che caratterizzano il biglietto da visita gastronomico del capoluogo partenopeo. Piatto tipico della vigilia di Natale, il baccalà viene stufato con pomodori pelati, olive, aglio, capperi, prezzemolo e peperoncino. In alternativa al baccalà, la ricetta può essere preparata con lo stesso pesce essiccato anziché salato. Un secondo piatto semplice ma molto gustoso, e il merito va agli ingredienti locali.
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Dolci tipici napoletani
Non si può concludere un pasto sontuoso a Napoli senza assaporare almeno uno di questi deliziosi dolci napoletani.
1. Pastiera. C’è la leggenda della sirena Partenope, che emergeva dal Golfo di Napoli ogni primavera: un giorno decise di rallegrare gli abitanti con il suo canto. I napoletani ne furono entusiasti e per ringraziarla di tale canzone le portarono in dono una serie di ingredienti simbolici che erano stati provvidenzialmente mescolati dagli dei del mare per creare la pastiera. C’è poi la storia di Ferdinando II di Borbone, che usò il suo dolce preferito come stratagemma per rallegrare la moglie Maria Cristina di Savoia, soprannominata la “Regina che non sorride mai”. Infine, l’unica origine certificata della pastiera è quella delle suore del convento di San Gregorio Armeno, che pare fossero maestre nella preparazione di questo mitico dolce. La Pastiera è realizzata con un universo di ingredienti: la base è una pasta frolla ripiena di ricotta, acqua di fiori d’arancio, grano bollito, scorza d’arancia e spezie.
2. Sfogliatella. A Napoli esistono due versioni della sfogliatella: la pasta sfoglia o la pastafrola. L’unica cosa su cui sono tutti d’accordo è il ripieno di ricotta, semolino, uova e zucchero arricchito da frutta candita, spezie e acqua di fiori d’arancio. La leggenda vuole che la sfogliatella sia stata prodotta per la prima volta in provincia di Salerno nel convento di Santa Rosa da una suora. Nel 1818 la ricetta fu trasferita a Napoli grazie al pasticciere Pasquale Pintauro, al quale si deve l’invenzione della croccante alternativa di pasta. Se siete indecisi, provate entrambe le versioni in una delle migliori pasticcerie di Napoli.
3. Babà. A Napoli il babà (o meglio il babbà pronunciato con soddisfazione alla napoletana) ha una grande reputazione. “Si ‘nu babbà” = sei un tesoro: è facile affezionarsi a questo dolce, una pasta fermentata imbevuta di liquore. È interessante notare che il babà è un dolce adottato, nato in Polonia come variante del gugelhupf. Il suo inventore sarebbe stato il re Stanislao Leszczynski che, dopo essere stato detronizzato due volte, evidentemente aveva molto tempo libero da dedicare alla cucina. L’esilio in Francia e i matrimoni combinati tra i reali d’Europa sono le fortuite vicissitudini che hanno catapultato il baba a Napoli.